L’attività tettonica, l’erosione fluviale e il carsismo rappresentano i tre grandi gruppi di processi geomorfologici responsabili del modellamento di una grande varietà di forme che caratterizzano il Parco del Pollino. Questi processi geomorfologici, insieme al contesto strutturale e alla grande variazione di erodibilità delle rocce affioranti danno luogo a un paesaggio che alterna aree montane ripide a zone collinari.
A questo proposito, il Parco del Pollino presenta una vasta gamma di paesaggi e forme del rilievo che hanno da tempo affascinato i geologi. Di seguito, sarà descritta la più ampia gamma dei caratteri geomorfologici, con l'obiettivo di affascinare tutti i lettori su questo paesaggio selvaggio e accattivante.
Contesto geografico
Questa porzione dell’Appennino meridionale è caratterizzata da un profilo topografico asimmetrico. La linea delle massime cime è spesso spostata verso il margine tirrenico e non corrisponde allo spartiacque regionale. Il fianco orientale della catena ha una lunghezza maggiore e un minore gradiente rispetto a quello occidentale. Le cime più alte superano 2000 metri s.l.m., mentre la quota media della catena è di circa 650 metri s.l.m. Molte delle cime più alte offrono meravigliosi panorami dei paesaggi della Basilicata e della Calabria.
In particolare, la dorsale di Monte Pollino è una morfostruttura orientata NO-SE costituita da rocce carbonatiche meso-cenozoiche e classicamente interpretato come una semplice struttura omoclinale immergente verso NE e ricoperta da terreni ofiolitici (ofiolitiferi). Essa è delimitata da bacini quaternari riempiti da sedimenti marini e continentali.
A causa della sua posizione geografica e la sua natura montuosa, il Parco Nazionale del Pollino registra una elevata variabilità climatica. Il clima è mediterraneo, con modificazioni montane (estati umide e inverni più freddi, con presenza di manto nevoso superiore a un mese). Nell’area esiste un forte gradiente di precipitazioni (da 300 mm/a a 1.500 mm/a). Tuttavia, sulla base dell'analisi della concentrazione giornaliera e mensile precipitazioni, il lato orientale presenta una maggiore stagionalità di distribuzione delle precipitazioni con temporali di breve durata e alta intensità (massimo giornaliero di pioggia fino a 120 mm) che influenzano fortemente il totale delle precipitazioni annue.
Controllo geologico sui processi geomorfologici e paesaggi
Il paesaggio del Parco Nazionale del Pollino è fortemente controllato dalle litologie e dalla struttura geologica, oltre che dal forte sollevamento regionale avvenuto durante il Quaternario. Questa zona si trova in uno dei settori geodinamicamente più attivi del Mediterraneo centrale, conseguenza della complessa deformazione crostale a seguito della collisione Africa-Europa.
Il nucleo del massiccio è costituito da unità carbonatiche meso-cenozoiche e unità mesozoiche ofiolitiche ricoperte da depositi di avanfossa del Neogene e cunei clastici tardo miocenici e quaternari.
Il paesaggio del Parco del Pollino si è sviluppato principalmente durante il Quaternario, ed è stato fortemente influenzato dalla storia tettonica insieme all’attività dei vari sistemi geomorfici succedutisi nel corso del Quaternario.
Le principali unità geomorfologiche che possono essere riconosciute nell’area del Parco sono le seguenti:
- massicci montuosi carbonatici, con paesaggi carsici, delimitati da pendii strutturali e ampie zone pedemontane; questi massicci ospitano grandi sistemi di grotte e sono importanti zone di stoccaggio dell'acqua;
- massicci montuosi terrigene, con creste articolate e gole profondamente incise;
- colline marnoso-argillose, con dolci pendii e sistemi di drenaggio dendritici;
- bacini intermontani e pianure alluvionali.
Forme tettoniche e strutturali
L'impronta della tettonica sul paesaggio del Parco del Pollino è evidente non solo nelle dimensioni, misura e posizione delle forme del rilievo, ma anche dalla pendenza dei corsi d’acqua, dai caratteri dei pendii e dall’andamento della rete fluviale.
La struttura geologica influenza i processi geomorfologici e le relative forme attraverso l'azione diretta delle dislocazioni (scarpate di faglia) e le influenze indirette delle variazioni di erodibilità delle rocce. In particolare, l'attuale paesaggio del versante sud-occidentale della dorsale di Monte Pollino è fortemente correlata alla attività tettonica, mentre la morfoselezione (rocce con erodibilità differente) domina il lato nord orientale. Inoltre, i diversi paesaggi e le più specifiche forme del rilievo sono causa diretta dell'influenza litologica.
La forma tettonica più importante dell’area è rappresentata dalla zona di faglia del Monte Pollino. In particolare, si tratta di una serie di strutture tettoniche ad andamento NO-SE ben evidenti lungo il confine calabro-lucano e, proseguendo verso SE, nel Mar Ionio. Alcuni segmenti di questi sistemi di faglie sono ancora attivi, rendendo la zona un punto chiave per caratterizzare la pericolosità sismica della Calabria settentrionale.
In particolare, questo sistema si compone di alcuni segmenti che mostrano una generale disposizione en-echelon, formata da segmenti immergenti verso sud ovest che articolano fortemente la dorsale del Pollino.
Questi segmenti di faglia mostrano scarpate e versanti rettilinei molto evidenti talora caratterizzati da forme triangolari (faccette) separate da valli a calice. Queste forme si ergono fino a centinaia di metri di altezza e sono ben visibili dall'autostrada A3 (Fig. 10), da strade statali e da molti punti di vista panoramici.
Figura 10. Autostrada A3 (Salerno-Reggio Calabria); panoramica del versante di faglia della dorsale del Pollino responsabile del sollevamento di antichi paleopaesaggi a debole pendenza.
Verso nord-est, diversi indizi sottolineano il ruolo chiave del controllo litologico attraverso cui la struttura geologica riceve la sua espressione topografica. In questi casi risulta difficile comprendere l’importanza dei processi tettonici sulla forma del rilievo a causa degli alti ritmi di erosione delle rocce morto erodibili. Tuttavia, considerato l’accostamento tettonico di rocce con resistenza all'erosione variabile, l'influenza passiva delle faglie sul paesaggio è facile da rilevare (scarpata linea di faglia, Fig. 11).
Figura 11. Rilievo omoclinale di Timpa San Lorenzo. É importante notare la scarpata di linea di faglia (freccia azzurra) che borda il versante sud-occidentale e la gola del tratto medio alto del Torrente Raganello (freccia rossa).
Inoltre, a causa dell’eterogeneità litologica, un’ampia gamma di dorsali omoclinali in rocce carbonatiche (morfostrutture) risultano molto evidenti (Fig. 11). A scala minore, le variazioni litologiche che caratterizzano le successioni sedimentarie neogeniche determinano il modellamento di forme litostrutturali il cui sviluppo è influenzato dalla pendenza degli strati (da hogback – forme derivanti da strati verticali – a versanti a gradinata).
Forme fluviali
I processi e le forme fluviali riflettono la morfologia degli altopiani, dei versanti principali e della zona pedemontana. Spostandosi dalle aree di altopiano, i corsi d’acqua cambiano radicalmente trasformandosi in torrenti impetuosi che attraversano gole e canyon con alvei scavati in roccia o, localmente, ricoperti da clasti e blocchi a granulometria elevata (da ciottoli a blocchi). La presenza di anomalie del drenaggio (corsi d’acqua che attraversano trasversalmente delle morfostrutture) nell’area del parco sono da imputare ad uno o più fattori quali le deviazioni fluviali, le catture fluviali, fenomeni di antecedenza e sovraimposizione della rete di drenaggio.
In particolare, il drenaggio sovraimposto si verifica quando, durante l’incisione di un corso d’acqua stabilitosi su una data formazione geologica viene ereditato da una formazione sottostante più resistente all’erosione. A tal proposito le gole del Torrente Raganello (Fig. 11) e del Fiume Lao (Fig. 12) sono considerate due classici esempi di drenaggio sovraimposto. Infatti, entrambi i fiumi hanno prima inciso le unità ofiolitiche per poi approfondirsi sulle più resistenti rocce calcareo-dolomitiche, permettendo lo sviluppo delle attuali e spettacolari forre. Inoltre, alcune evidenze testimoniano il ruolo chiave dei fenomeni di cattura fluviale verificatisi durante le fasi di erosione ed esumazione degli alti carbonatici. I fenomeni di cattura sono il risultato di un arretramento progressivo delle testate dei corsi d’acqua favorito dal sollevamento dei settori costieri e dall’erosione selettiva di rocce più erodibili sovrapposte e quelle carbonatiche più resistenti.
Figura 12. Panoramica delle forme tettoniche e fluviali visibili nel Parco del Pollino e, in particolare, lungo la dorsale di M. Gada-M. Rossino (sinistra idrografica del Fiume Lao).
I conoidi alluvionali intramontani-valle sono rari, ma nelle aree pedemontane i conoidi alluvionali sono molto sviluppati (versante meridionale del Pollino) anche se non mostrano segni di attività recente.
Paesaggi a gradinata
Nel corso del Pliocene, alle strutture compressive si sono gradualmente sovrapposti lineamenti a carattere trascorrente e distensivo che hanno frammentato la catena appenninica in alti e bassi strutturali con forti indizi di un sollevamento regionale.
Al di sopra delle scarpate di faglia che articolano la catena, il paesaggio è dominato da resti di superfici a debole gradiente che formano localmente una gradinata fino a 2100m s.l.m. Queste superfici possono essere ascritte alle più antiche fasi di evoluzione del paesaggio verificatesi durante il Pleistocene inferiore-medio attraverso fasi di spianamento e di deposizione.
A questo proposito, i bacini del Mercure e di Castrovillari (Fig. 13) forniscono le migliori testimonianze di questi paesaggi a gradinata molto utili per ricostruire le principali tappe dell'evoluzione del paesaggio durante il Quaternario.
Figura 13. (A) Schema morfostrutturale e sezione morfostratigrafica del bacino intermontano del Fiume Mercure (alta valle del Fiume Lao) mostranti le principali forme tettoniche dell’area e la distribuzione di antichi paleopaesaggi a basso gradiente; (B) Schema tridimensionale delle principali fasi deposizionali, dei paesaggi e forme caratteristiche del Bacino di Castrovillari.
Figura 14. (A) Schema di un altopiano carsico, dove gli inghiottitoi fanno capo ad una valle cieca che permette l’infiltrazione delle acque meteoriche fino alla falda freatica attraverso un sistema di cavità sotterranee. 1) valle cieca, 2) inghiottitoio, 3) dolina di soluzione, 4) dolina di collasso, 5) Sistema di cavità a sviluppo verticale, 6) risorgiva, 7) cavità freatica, 8) sorgente, 9) falda freatica. (B) Il paesaggio a bassa pendenza di Timpone del Castello è caratterizzato da forme carsiche simili allo schema riportato in (A); le frecce rossa e blu indicano una porzione di una complessa deformazione gravitativa di versante e le gole del Torrente Raganello rispettivamente.
Forme carsiche
I settori calcarei del Parco del Pollino possono essere fondamentali per spiegare l’azione dei processi carsici su un massiccio carbonatico e come essi influenzano la circolazione idrica sotterranea.
In particolare, l'area del Pollino può essere considerato uno dei migliori esempi di un massiccio carsico nell’Italia meridionale. Nonostante l’abbondanza di massicci calcarei in Appennino meridionale (Monti del Matese, Monti Picentini, Monti Alburni e Monte Cervati), Il massiccio del Pollino presenta un ambiente carsico simile caratterizzato da profonde e grandi cavità sotterranee, grotte freatiche attive e fossili, inghiottitoi e polje.
Ad esempio, muovendosi sull’altopiano carsico a monte di Frascineto (Fig. 14), ci sono diverse testimonianze di forme carsiche superficiali da dove le acque si infiltrano in profondità (inghiottitoi e valli cieche), anche se la circolazione sotterranea deve essere ancora ben compresa. Inoltre, molti sistemi di grotte possono e devono essere ancora esplorati sia a fini scientifici che per valutare il loro potenziale interesse in termini di geo-turismo. È interessante notare che molti altipiani carsici, che costituiscono localmente il paesaggio a gradini, sono interpretabili come polje di contatto sviluppatesi attraverso processi carsici al contatto tra i calcari e terreni erodibili.
Forme glaciali
Le più alte vette del Parco del Pollino (Monte Pollino, 2267 m; Monte La Mula, 1935m, e il Monte Cozzo del Pellegrino, 1987) mostrano chiare tracce dei ghiacciai (Fig. 15). I resti glaciali consistono in alcuni circhi e forme simili e in alcuni allineamenti di depositi morenici risalenti all’ultima fase glaciale. Durante questo periodo sul Monte Pollino la linea di equilibrio (nevi perenni) era a circa 1800 m di altitudine. Un Ghiacciaio di roccia (rock glacier) è stato trovato anche sul Monte Pollino. Esso si sovrappone alla morena delle prime fasi di ritiro dei ghiacciai, 1750 metri circa s.l.m.; esso è più vecchio del deposito morenico coperto da sedimenti eolici (loess) datati a 15-16,000 anni fa.
Figura 15. Ubicazione di circhi glaciali e morene associate in corrispondenza di (A) M. Pollino, (B) M. Cozzo del Pellegrino, (C) M. La Mula.
La maggior parte dei ghiacciai di roccia si sono formati tra 20.000 e 10.000 anni, quando le temperature medie annuali erano ancora 4-6 ° C inferiori a quelle attuali; tuttavia, la loro distribuzione geografica dà luogo ad alcune considerazioni importanti.
La distribuzione geografica dei ghiacciai di roccia, che corrisponde al limite delle aree con permafrost (suolo permanentemente gelato) discontinuo di montagna, suggerisce che durante le fasi finali dell’ultimo periodo glaciale, nel tardoglaciale e nel primo Olocene, c’è stato uno spostamento di altitudine e latitudine con una riduzione di questo limite, a seguito dell'aumento di temperatura. Dall’altitudine di 1570/1600 m, il limite del permafrost discontinuo di montagna è salito a 2300/2500 metri durante il tardo Olocene, ed ora è ancora più alto. Riguardo alla variazione di latitudine, il suddetto limite è migrato verso nord, da 39°55'N a 41°45'N fino a 42°07'N.
Alle quote più elevate ci sono anche evidenze di terrazzi e superfici di crioplanazione e terrazze, anche se la loro genesi e significato è ancora da valutare. Infatti, i paesaggi a basso gradiente possono essere il risultato anche di processi diversi e con differenti ritmi come suggeriscono altre situazioni presenti in Appennino.
Forme di versante
Le forme tipiche che si sviluppano sui versanti dell’area del Parco sono particolarmente diffuse nelle aree di affioramento dei litotipi più erodibili.
Il forte aumento di pendenza a partire dalle aree di altopiano segna il passaggio a quei settori di paesaggio dove si sviluppano valli profondamente incise, lo spessore del regolite (mantello di alterazione) diminuisce fortemente e i movimenti gravitativi diventano il processo dominante. Le frane sono molto diffuse in tutta l’area del parco formando scarpate di dimensioni variabili e depositi detritico-colluviali con forme diverse a seconda del processo genetico. A causa della presenza di rocce più erodibili, il versante lucano del parco è più profondamente interessato e influenzato da movimenti gravitativi anche profondi. Dati di letteratura hanno evidenziato che i fattori che favoriscono tale attitudine a sviluppare fenomeni gravitativi sono la fratturazione pervasiva e intensa di rocce ad elevato contenuto di argilla.
Su substrato calcareo, il principale fenomeno è rappresentato dalla complessa deformazione gravitativa di Civita (Fig. 14) il cui sviluppo è fortemente controllato da una zona di faglia. Essa raggiunge dimensioni rilevanti, avendo circa 2 km di larghezza, con un rilievo massimo locale superiore a 600 m.
Sulle unità ofiolitiche e sui terreni neogenici, le forme dei versanti dipendono dalla competizione tra i processi gravitativi e quelli legati al ruscellamento superficiale. Nelle aree di affioramento dei depositi a prevalente componente pelitica, i fenomeni predominanti sono rappresentati da frane di scorrimento e colamento, localmente anche di dimensioni notevoli. La presenza di alternanze litologiche favoriscono lo sviluppo di vari scenari da frana. Sui depositi limo-argillosi e sui vecchi corpi di frana si nota anche la presenza di forme calanchive. È opportuno sottolineare che anche laddove il substrato calcareo-dolomitico si presenta fortemente fratturato (ad esempio nei pressi di Mormanno), i pendii sono profondamente incisi da forme pseudocalanchive con fianchi ripidi.
Conclusioni
Il Parco del Pollino offre una vasta gamma di rocce e contesti geologico-strutturali che ne influenzano il paesaggio. Infatti, l’area del parco è caratterizzata da una varietà di paesaggi che sono principalmente il risultato dell'interazione tra il sollevamento tettonico, l’incisione fluviale, la varabile erodibilità delle rocce e i processi di versante; essi danno luogo ad un alternarsi di paesaggi tipici di distretti montani ripidi e/o zone collinari. A volte, i paesaggi si inscrivono in scenari così suggestivi e in continua evoluzione che alcuni di essi possono essere considerati esempi unici, rendendo il Parco uno dei più importanti siti di interesse per le scienze della terra e un valido esempio per il Geoturismo.
Nonostante la sua facilità di accesso, sarebbe auspicabile che gli aspetti geologici e geomorfologici del Pollino siano sempre più messi in evidenza. La capacità di attrarre scienziati e persone può favorirne la crescita e l’importanza come laboratorio per futuri progetti di ricerca e attività ricreative in un meraviglioso scenario sovrastante il Mar Tirreno e il Mar Jonio.
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