L’Appennino costituisce parte del principale sistema di catene montuose del Mediterraneo (Fig. 1). La catena evolve all’interno di un contesto di convergenza tra le placche Europea e Africana e di placche minori a partire dal Cretaceo superiore (Mazzoli & Helman 1994; Critelli, 1999, e citazioni interne).
Gli Appennini sono formati da un sistema completo di catena e di avanfossa che registra la direzione di trasporto ed è accompagnata dallo sviluppo e deformazione di depositi via via più giovani verso est. Questi caratteri indicano un’accrezione legata alla subduzione verso ovest di uno slab a partire dall’Oligocene-Miocene.
Come conseguenza, i bacini di retro-arco sviluppatisi nel Mediterraneo occidentale (e.g. bacini Algero-Provenzale e Tirrenico) sono legati alla migrazione verso est dello slab (Fig 1).
Figure 1 – Mappa geologica delle principali catene nella regione del Mediterraneo centro-occidentale.
La prima configurazione del sistema di subduzione (intervallo Cretaceo superiore-Oligocene) risulta ancora materia di dibattito, particolarmente per il segmento di catena tra gli Appennini e le Maghrebidi siciliane, comunemente conosciuto come Arco Calabro Peloritano, costituito da falde tettoniche di basamento cristallino e ofiolitiche (Fig. 1). Dal tardo Oligocene-Miocene inferiore inizia la convergenza tra i blocchi Corsica-Sardegna-Calabria, a ovest, e il blocco Apulia (o Adria), di affinità africana, a est (Fig. 2). La subduzione e la collisione produssero la struttura della catena a thrust sovrapposti propagatisi verso l’avampaese ed accompagnata da successioni sedimentarie sintettoniche (Fig. 3-4).
Figure 2 – Ricostruzione palinspastica del Mediterraneo Centrale nel tardo Oligocene (circa 30 Ma) mostrante la distribuzione delle piattaforme e bacini dell’Appennino centrale e meridionale prima del loro coinvolgimento nella struttura della catena. 1) Avampaese Europeo; 2) Catene del Paleogene; 3-6) Avampaese africano: 3) Piattaforme carbonatiche di mare basso; 4) Bacini di mare profondo a crosta oceanica o continentale assottigliata; 5) aree bacinali con alti strutturali isolati; 6) ampi plateau pelagici; 7) fronte della catena; (da Patacca & Scandone, 2007).
Figure 3 – Schema rappresentativo delle relazioni geometriche tra le unità tettoniche dell’Appennino meridionale (da Patacca & Scandone, 2007).
Al confine tra la Calabria settentrionale e la Basilicata meridionale le successioni carbonatiche dell’Appennino sono in contatto tettonico con l’Arco Calabro cristallino (Fig. 1). Secondo molti autori, i lineamenti stratigrafici e strutturali dell’area del Pollino sono caratterizzati da tre unità carbonatiche principali sovrapposte; dal basso verso l’alto sono:
- l’Unità metamorfica di “San Donato", che consiste in un intervallo terrigeno inferiore (facies di tipo Werfen con carbonati organogeni, biocostruzioni, di età permo-triassiche) e un intervallo superiore a cui è assegnata un’età triassica;
- la "Unità di Piattaforma Carbonatica" costituita da due sub-unità tettoniche di età dal Triassico all’Eocene (Unità di Verbicaro e Pollino). Questi due elementi sono costituiti principalmente da carbonati neritici e da depositi pelagici eteropici che mostrano la stessa evoluzione cinematica.
Nella parte settentrionale della regione vengono distinti tre gruppi principali di unità tettoniche: (1) unità tettonica di basamento cristallino (Complesso Calabride in Fig. 5); (2) unità ofiolitica (Complesso Liguride in Fig. 5); (3) unità carbonatica (Complesso Panormide in Fig. 5, derivante dalla parte interna del margine continentale apulo). Il gruppo (1) include le rocce cristalline e metamorfiche e i depositi di copertura Mesozoici dell’Unità della Sila. Le Unità Paleozoiche sormontano le unità ofiolitiche, con metamorfismo in facies scisti verdi (Unità di Malvito), mostrante in alcuni casi (Unità di Gimigliano-Reventino) evidenze di un primo evento metamorfico di alta pressione-bassa temperatura, in facies di scisti blu (Unità di Diamante–Terranova). Alcune di queste unità sono caratterizzate da alta pressione- temperatura molto bassa, l’Unità del Frido, e l’Unità del Flysch Calabro-Lucano non-metamorfico. Quest’ultimo affiora nel settore NE del massiccio del Pollino, al confine calabro-lucano (Figure 4, 5). La copertura metasedimentaria include le unità più alte dell’Oligocene e Aquitaniano, rispettivamente.